(Per lei, ma vale anche per lui)
La tua femminilità.
Tu sei Y-Eolo, l’ultimo dei pianeti oltre Plutone nel nostro sistema: quello che governa l’inizio del tempo, le grandi ere geologiche, il vento primordiale, il metronomo, gli orologi, le regole immutabili, i ritmi scanditi, la perpetuazione della specie, il dna.
Perciò vivi in perenne lotta con un tempo mai abbastanza sincrono, mai sufficiente. Un tempo da cavalcare, comprimere, dilatare, riempire. Il tuo tempo: l’unica certezza che hai.
Per certi versi assomigli al Bianconiglio di Alice nel Paese delle Meraviglie, che brandendo un grande orologio schizzava da una parte all’altra senza mai fermarsi un momento, e a chiunque gli rivolgesse la parola rispondeva concitato: “Sono in ritardo, sono in ritardo!”.
Attraverso una rete a maglie fitte osservi il mondo. I pezzi del puzzle devono incastrarsi alla perfezione: niente vuoti, niente tempi morti, niente eccessi, imprevisti, ritardi, improvvisazioni. Perché è lì, nei vuoti, che si annida la morte.
E sai che se solo molli un istante, quell’istante diventerà un’ora, poi un anno, e infine una valanga incontenibile che ti seppellirà.
Devi tener duro, farti dura, essere più forte del tempo, ingabbiarlo, domarlo.
I riti del quotidiano che si ripetono sempre uguali – pulire, riordinare, debellare acari e cartacce – sono una metafora dell’eternità. Solo ciò che resta identico reiterandosi all’infinito non muore. Come fosse la tela di Penelope, se la disfi e rifai uguale ogni giorno la tua vita durerà fino all’arrivo di Ulisse.
Il tuo orrore dei germi nasconde la paura di essere contaminata da qualcosa di piccolo, straniero e incontrollabile che potrebbe impossessarsi di te. Controllo: questa è la parola chiave.
Anche il tuo corpo – pulito, lavato, stirato, ordinato, essenziale -resterà giovane per sempre. Un corpo da plasmare con l’esercizio o lo sport, con creme e massaggi. In certi casi un corpo da manipolare come fosse un insieme di pezzi di ricambio: cambio il naso, faccio il botulino, mi ritocco il seno, mi tingo i capelli di blu.
E persino quando appartieni alla genia (che pure esiste) delle Vergini disordinate o ritardatarie, o magari sei un’artista fuori dal coro, anche allora una qualche fissa, un qualche rituale ti sono indispensabili: sono l’argine al nulla, al vuoto, alla follia.
Ed è vero: non c’è donna più matta, pericolosa, avventata, imprevedibile, ingovernabile (e straordinaria) di una Vergine che abbia mollato l’ancora.
A differenza della tua dirimpettaia, quella scombinata, poetica e inaffidabile pesciolina che nell’irrazionalità ci sguazza come nel suo elemento e perciò la conosce e la governa, tu di tutto ciò che sfugge alla logica hai una gran paura. E quando allenti le difese tornare indietro è difficile, come perdersi nel bosco di notte.
Eludendo la sfera emotiva – irrazionale per definizione – finisci con l’eludere o frustrare la tua parte lunare, il tuo essere donna oltre che persona.
Ma è proprio questa parte di te – timida, defilata, compressa, a volte negata – quella che chiede a gran voce conferme, sguardi e amore, rendendo così potente e unica la tua femminilità. Spesso a tua insaputa.
L’amore e il sesso
Emozioni: gran guaio. Non rispondono alle regole della logica e della matematica. Tu ti applichi, ti sforzi, ti lambicchi, i conti non tornano, t’incazzi, rifai i calcoli, ma niente: due più due fa cinque. Com’è possibile?! Ti chiedi. E allora se proprio non puoi eluderle, devi perlomeno poterci ironizzarci su, oppure somatizzarle, farle corpo. Imperativo è strapparle alla loro pericolosa immaterialità.
Se si fanno corpo assumono limiti e confini, sai di cosa si tratta. Meglio una gastrite, un’allergia, un dimagrimento o un’emicrania, di un nodo in gola senza nome, di uno sbandamento neuronale.
L’emozione pura che non riesce a farsi materia è la più temibile.
Ecco perché molto spesso non è l’anima che ti affanni a salvare (tanto più che non vuoi neppure sapere se c’è e dove abita), bensì il corpo: se duole o si ammala ti spaventi, vai in paranoia, ma almeno – cazzo! – sai dove mettere le mani.
Se invece quelle emozioni che pervicacemente cerchi di tenere a bada s’insinuano in te e ti travolgono, come fossero virus ignoti, non sai più che fare. Non c’è verso di assoggettarle a regole o ad esperimenti ripetibili: ogni volta che le osservi al microscopio hanno cambiato forma. Una provocazione, un’offesa alla logica a cui non puoi che ribellarti.
E infatti spesso ti è più facile vivere il sesso che non l’amore. Il sesso è una pratica molto piacevole nella quale con un po’ di esercizio spesso eccelli per perizia e assenza di tabù. Se il tuo corpo ti piace, se lo tieni allenato, lo sai usare con disinvoltura: di cosa mai dovresti vergognarti? Quali limiti dovresti mai porti? Il piacere della pelle è quanto di meno rarefatto e incontrollabile tu possa sperimentare. Il sesso è bello, facile, buono. E non è affatto detto che debba trascinarsi dietro il cuore.
Certo sei una donna, e il cuore ce lo metti ovunque, ma non al punto da non potertelo riprendere indietro: come accade quando t’innamori. E non a caso fai di tutto perché non succeda.
Ti piace uno ma non ti butti, lo osservi, lo studi, cerchi il pelo nell’uovo: un dente storto, le mani tozze, un profumo sbagliato, una battuta infelice. Scartato. Oppure invece capita che tu non riesca a trovare scappatoie: tuo malgrado ti piace, ti piacciono persino quel suo naso ingombrante e quella camicia mai stirata. Anzi con sgomento realizzi che sono proprio quelle imperfezioni a conquistarti.
E non perché tu sia masochista. Gli uomini instabili, disordinati, eccentrici o pigri che non di rado tendi a sceglierti sono assolutamente funzionali, perché ti danno il sommo piacere di sentirti necessaria e indispensabile ad organizzargli la vita.
E in casi estremi ti regalano anche l’ebbrezza di sapere attraverso loro com’è sporgersi da un burrone, senza per questo doverci cascare dentro tu: un brivido per interposta persona.
Il paradosso è che sia tu – inquieta, combattuta, iperattiva e talvolta ossessivo-compulsiva – la metà stabile della coppia: quella che mette ordine, quella che è fedele, quella sempre attenta, collaborativa, infaticabile e solerte.
Quella che mai una smanceria in pubblico, mai una frase sdolcinata, mai un regalo inutile.
Il fatto è che solo banalizzando e normalizzando l’amore, solo reintegrandolo nella routine puoi accettare di viverlo senza sentirti in pericolo. E allora può essere per sempre.(Dal libro “Va’ dove ti porta Venere” – Franca Mazzei – Sonzogno Editore – sul web e in e-book)